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Recensione del libro “Qualsiasi cosa accada, tu scrivi” a cura di Leonardo Pastorello

Nel V secolo a. C., il noto filosofo Aristocle, conosciuto come ”Platone”, definì nel suo ”Fedone” la filosofia come esercizio di morte.

Chi pensa, riflette, cogita, è un’essenza capace di dare ordine alla propria esistenza, ricordando che prima o poi, la propria vita avrà una fine. Sta al vero filosofo plasmare la propria esistenza alla stregua del bene, del bello e del giusto.

Il libro ”Qualsiasi cosa accada, tu scrivi”, della psicologa Federica Falzone, è un esercizio di morte a tutti gli effetti. Un esercizio duro, che affronta il vivere una malattia all’insegna del ricordo alla vita.

L’autrice attraversa ”corridoi silenti”, ritrovando la sua malattia negli sguardi degli altri. Ed è qui che la forza di un libro – definibile esistenzialista – come questo che invita il lettore a guardare ogni simile con gli ”occhi interni”, come direbbe la filosofa statunitense Martha Nussbaum. Guardare l’altro con i propri occhi implica che in ogni legame vi sia l’esercizio dell’empatia e della gentilezza. Queste ultime, sono le parole chiave non solo per aiutare qualcuno che ha bisogno, ma rappresentano le vie plausibili per far sì che – in questo caso – ogni forma di malattia possa essere un’occasione preziosa per riflettere sulla propria esistenza.

Il libro di Federica Falzone non è un semplice diario, bensì è un insieme di flussi di coscienza scritti per rassicurare il lettore che è egli stesso il portatore di un ”daìmon”, ossia di un demone, di una voce interiore che solo gli occhi interni sanno comprendere e interiorizzare. Come affermava James Hillman, ognuno di noi è custode di una ”ghianda”, ossia di un’essenza, di una specificità, di un’identità che è in un incessante rapporto con il fluire del tempo, quest’ultimo infinito per l’universo, finito per chi è mortale.

”Qualsiasi cosa accada, tu scrivi”, è il libro della memoria: bisogna ricordare di ”carpere”, ossia di cogliere l’attimo; bisogna ricordarsi della gentilezza e dell’empatia, in un mondo che è attanagliato dalla sofferenza dovuta a una precarietà imperante su ogni fronte, sanità e salute comprese.

Qualsiasi forma di opera autobiografica può correre il rischio di essere eccessivamente autoreferenziale, è vero, ma nel caso di questo libro non c’è questo pericolo. Ogni volto che incrocia lo sguardo di Federica ottiene un riconoscimento, che non va tradotto nei termini di una semplice identificazione di qualcuno, ma va inteso come un vero e proprio riconoscimento sociale.

D’altronde, la lotta per il riconoscimento è il motore del dinamismo sociale e in queste pagine il lettore può riflettere sull’ipotetico senso che si può attribuire a ogni condizione di malessere, che non si tradurrà mai nei termini di ”mal-essere” se in primo piano viene posta la cura dell’anima.

Per questa ragione, ”Qualsiasi cosa accada, tu scrivi”, è un testo che presenta una natura socratica latente, pronta a regalarvi un viaggio di introspezione e di invidiabile gentilezza.

Leonardo Pastorello



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